
Simona Viviani ci parla del Tog Chöd, la disciplina della Spada Tibetana, una pratica che lavora sul corpo e sulla mente
Quali sono le origini della Spada tibetana?
Il fondatore della disciplina è LamaTulku Lobsang Rimpoché, un Tulku, ossia la reincarnazione di un maestro del passato. Il Lama, che è astrologo, medico e conosce molto bene le vie del buddhismo, anche le più segrete, nonché il buddhismo sciamanico, ha creato il Tog Chöd, ossia l’Arte della Spada, appositamente per gli Occidentali. Il Lama infatti ritiene che gli Occidentali abbiano difficoltà a meditare seduti immobili perché conducono già una vita molto sedentaria. Inoltre la spada aiuta a focalizzare la mente che negli Occidentali tende ad essere instabile e superficiale. La pratica nasce dalle danze sacre dei monaci tibetani. Inoltre una seconda parte della pratica, il Tog Chöd 2, deriva dagli insegnamenti segreti del Kalachakra, ossia dagli insegnamenti dati dal Buddha dopo l’illuminazione.
Bisogna essere buddhisti per praticare il Tog Chöd?
No, assolutamente. Il Tog Chöd è per tutti. Il lama spiega molto bene che si tratta di un metodo che si può imparare indipendentemente dalle proprie credenze o dalla religione.
Quali sono i benefici del Tog Chöd?
I benefici vengono avvertiti a più livelli perché si tratta di una pratica molto profonda. Di base la pratica è mentale e spirituale e usa il corpo come veicolo. Lo scopo è di arrivare a un controllo del corpo attraverso dei movimenti precisi che si vanno affinando con l’esperienza. Quando si raggiunge la padronanza del corpo, si può iniziare a cercare la padronanza della mente che è quella cui mirano le discipline meditative. Si arriva così a trasformare il proprio ambiente interiore, la propria mente e di conseguenza anche la propria vita.
Ma l’uso della spada non presupone comunque una certa forma di combattimento?
La spada è di legno e il combattimento è contro i nemici interiori, ossia le emozioni negative, la rabbia, la paura, le aspettative e i modelli mentali, per far sì che piano piano anche la realtà esteriore cominci a risuonare in modo diverso. Dall’incontro con la rabbia nasce la scoperta di qualcosa di positivo, una perla di chiarezza. In sé non è niente di nuovo, ma viverlo è molto affascinante. Durante la pratica si usano dei mantra per rafforzare l’effetto del movimento. Questi mantra si possono calligrafare in tibetano antico e sono dei segni di grande bellezza.
Di che mantra si tratta?
Usiamo tra gli altri il mantra “Ha” che aiuta a uscire dall’ego e quindi prepara all’apprendimento. Poi abbiamo il cosiddetto Mantra Distruttore che io chiamo mantra di liberazione e che viene usato per combattere le aspettative e altri pensieri negativi. Infine vi è il Mantra di Benedizione che si usa per preparare la spada alla pratica. I mantra in realtà sono delle vibrazioni sonore che aumentano l’effetto energetico della pratica.
Come hai scoperto il Tog Chöd?
Conosco Lama Tulku Lobsang Rimpoché da circa vent’anni e ho già fatto diversi lavori con lui. Inoltre da sempre mi interesso di varie correnti di pensiero, come l’Antroposofia, la Filosofia Ermetica, gli Archetipi astrologici. Ho lavorato anche per molti anni come artista, facendo una ricerca su di me. Non mi ero mai interessata alla Spada prima di un anno e mezzo fa quando ho deciso di fare un’esperienza che si è rivelata una vera folgorazione.
Qual è il beneficio principale che hai ricavato da questra pratica?
Mi ha insegnato a focalizzare i miei interessi, a disciplinare la mente e a perseverare sulla via, attraversando le distrazioni.
Da quanto tempo insegni?
Dal maggio di quest’anno. Anche l’insegnamento si è rivelato un’esperienza bellissima.
Chi sono i tuoi allievi?
Ci sono persone molto diverse. C’è chi è attratto dall’aspetto fisico, perché i movimenti del Tog Chöd sono molto belli ed eleganti. Inoltre ci sono grandi benefici fisici perché la pratica lavora sul corpo sottile, che sostiene quello fisico. Io, per esempio, ho ritrovato il mio peso ideale. C’è chi invece viene perché attratto dagli aspetti più psicologici e mentali della disciplina. Anche l’étà cambia: non vi sono limiti.
Ma è comunque richiesta una certa agilità?
Non necessariamente. Ognuno si muove secondo le sue possibilità. Non bisogna dimenticare che lo scopo va oltre il movimento, si tratta di una pratica meditativa che aiuta tra l’altro ad aumentare la fiducia in se stessi.
È necessario praticare in gruppo?
No, anche se è molto bello praticare con altri. Ma una volta che si sono assimilati i movimenti si può praticare da soli, nella natura, quando si sente il bisogno di un momento di raccoglimento per fare chiarezza nella mente.







