POESTATE: un festival d’avanguardia
Poestate è il primo Festival letterario nato in Ticino. Grazie all’iniziativa di Armida Demarta, fondatrice e direttrice del Festival, a Lugano si riuniscono da quasi un trentennio poeti noti e meno noti, musicisti, artisti e performers che per alcuni giorni di giugno danno vita a un evento straordinario. Armida Demarta ci parla di questa iniziativa.
Quando è nato Poestate?
Poestate nasce a Lugano, nel 1997, come progetto culturale d’avanguardia. In quegli anni infatti non esisteva in Ticino nessun evento di carattere letterario né tantomeno un festival di poesia con attività multidisciplinari. Credo che non esistesse niente del genere nemmeno a livello svizzero, fatta eccezione per le Giornate di Soletta che a quei tempi coinvolgevano un numero ristrettissimo di addetti ai lavori.
Che cosa ti ha spinto a creare Poestate?
In Ticino mancava un festival di questo genere. Poi il desiderio di fare un esperimento, di fare dell’avanguardia mi ha fatto attivare sul fronte di una nuova progettualità. Avevo notato che di poesia non si parlava. Anche nelle librerie, i libri di poesia erano pochi, impolverati in un angoluccio e sempre degli stessi autori. Così ho preparato un piccolo palco, dei microfoni e, tramite un trafiletto sui giornali, ho invitato coloro che avevano delle poesie nel cassetto a venire a leggerle in pubblico. La risposta ha superato le mie più rosee aspettative, ricordo che avevo pensato di concludere l’evento a mezzanotte, ma a quell’ora c’era ancora una fila di persone in attesa di poter leggere poesie.
Erano così numerosi i poeti segreti in Ticino?
C’era di tutto: persone che arrivavano con pesie scritte a mano su fogli di carta, poeti con i loro libri e anche persone desiderose di declamare poesie altrui. Ad un certo punto ho dovuto dire al pubblico che ero costretta a porre un termine alla manifestazione. Ma ho dato appuntamento a tutti per l’anno successivo. Effettivamente l’anno dopo ho ripetuto l’evento, ma ho invitato un grande poeta, un grande vate insieme a giovani talenti. Ho aggiunto anche musicisti per intermezzi musicali e artisti che hanno realizzato performance e istallazioni. L’iniziativa ha scioccato moltissimi esponenti del mondo culturale. Non capivano che si potesse invitare sullo stesso palco un “vate” e un esordiente, e aggiungere musica, performance e istallazioni! Io comunque non mi sono mai lasciata intimidire da queste critiche e sono andata avanti nonostante mille difficoltà.
Quando parli i grandi poeti, chi intendi?
Personalità del calibro di Evgeny Evtushenko che non era mai venuto in Svizzera prima… Insieme a lui c’erano due lettori. Lui voleva dei lettori professionisti e io ho fatto venire un professionista e un principiante. Li ho fatti lavorare insieme. Nelle edizioni sucessive ho usato la stessa formula: poeti affermati insieme a giovani esordienti locali e internazionali. Ho sempre introdotto anche degli intermezzi musicali, perché ci sono delle dinamiche che fanno sì che questi stacchi favoriscono l’ascolto della poesia anziché disturbarlo, come diceva qualcuno a quei tempi. Agli intermezzi musicali ho aggiunto installazioni, performance, conferenze, contaminazioni varie, cose di assoluta avanguardia.
È stato difficile far venire grandi nomi della poesia?
No, non è stato troppo difficile. Una volta creata una rete con tanti contatti la cosa va avanti, a condizione chiaramente di essere dinamici, di non farsi scoraggiare dal primo ostacolo. Poestate ha una rete immensa di contatti e una forte progettualità creativa, inclusiva, partecipativa. Bisogna anche avere la mente aperta e molta inventiva. Alcune cose hanno successo, altre meno, ma ciò fa parte del gioco.
Ci vogliono molti fondi per portare avanti un progetto del genere?
Ho sempre lavorato purtroppo con piccolissimi budget. Non far parte di noti “entourage” significa essere penalizzati e discriminati, situazione che perdura anche ora, dopo quasi trent’anni di attività.
Ma, nonostante tutto Poestate ha successo?
Certo. Un grande successo, una formula nuova e vincente tanto che il format è stato copiato e che negli ultimi anni sono nati altri festival ed eventi dello stesso genere, spesso con grandi mezzi, grandi sponsor e grande visibilità perché appartenenti ai noti “entourage”.
Poestate non ha sofferto di questa nuova concorrenza?
No, perché sono nate sinergie e collaborazioni inaspettate. Una delle caratteristiche vincenti della rassegna è quella di essere aperta, fluida, liquida, sempre pronta a mutare, a sperimentare e ad adattarsi alle circostanze pur mantenendo il suo format. E poi, Poestate è Poestate.
Quanto dura Poestate?
Poche serate sempre nel primo weekend di giugno. Ogni tanto ci sono degli eventi collaterali durante l’anno. A Poestate hanno partecipato in tanti, in tantissimi, basta scorrere la storiografia che è imponente e che traccia un solco indelebile nelle attività culturali. A Poestate sono passati talmente tanti che ricordarli tutti ci vorrebbero paginate su paginate. Per citare qualche nome dei poeti locali Orelli, Pusterla, Nessi e molti altri ancora. Poi molti dallaSvizzera interna e tanti dell’estero tra cui E. Yevthushenko, Giancarlo Majorino, Aldo Nove, Moni Ovadia, solo per fare qualche nome ma ripeto sono tanti, tanti, tanti da poter dire tutti sono passati da Poestate.
Hai creato anche un premio Poestate?
Si, si tratta di un premio simbolico, dapprima era una semplice targa poi è diventato una scultura realizzata da artisti. Ci sono state anche pubblicazioni legate al Festival.
Il Ticino è un terreno fertile in fatto di cultura, visto che sei arrivata quasi alla trentesima edizione?
Certo! Basta in un certo senso liberare una buona e forte progettualità. Il terreno in Ticino è fertile ma manca purtroppo un buon progetto culturale globale. Gli andamenti di gestione globale purtroppo favoriscono alcuni penalizzando altri e questo crea un grave danno alla produzione globale. Davvero peccato, queste “disarmonie” si potrebbero facilmente risolvere. È quello che ho fatto e che continuo a fare. Cerco di creare delle dinamiche.
Oggi la cultura fiorisce ancora, ad esempio nelle grandi città?
Siamo in un tempo di transizione. C’è tanto, molto e di più tra cui tanto di interessante e di straordinario, ma c’è anche molta produzione di “cassetta”. Da tener d’occhio quel continuo fermento e movimento di produzione che crea quelle dinamiche che poi lasciano importanti tracce e solchi nella storia delle attività culturali.